La bellezza ci salverà?
- sottolalberodifico
- 9 lug
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«La bellezza salverà il mondo», dice Dostoevskij. Ma non è la bellezza patinata dei riflettori, né quella da vetrina. È la bellezza che inquieta, che interroga. La bellezza che ci guarda dentro e ci costringe a sentirci vivi. Quella bellezza ha a che fare con la verità. Con la compassione. Con la profondità dello sguardo. Ed è sempre legata all’altro.
In un’epoca in cui la superficialità viene scambiata per fascino e l’arroganza per forza, educarsi al bello diventa un gesto rivoluzionario. Perché un popolo nutrito dalla bellezza – quella che commuove, che eleva – difficilmente adotterebbe modelli che spingono all’odio, alla paura, all’isolamento. Riconoscere il bello è anche riconoscere ciò che ci umanizza.
Ma attenzione: la bellezza non è garanzia di bontà. La storia ci mostra come anche il male abbia saputo mascherarsi dietro immagini armoniose, monumentali, affascinanti. Quando la bellezza viene piegata a fini di potere, si svuota: diventa maschera, propaganda, feticcio.
Lo ha scritto anche Sergio Givone, mio maestro: la bellezza autentica non si impone. Accade. È fragile. Ed è proprio per questo che può salvarci. Non domina, ma si espone. Non grida, ma vibra. Non divide, ma apre.
Educarsi alla bellezza, allora, è un atto etico. Significa coltivare lo sguardo, riconoscere il valore dell’altro anche quando non serve, anche quando è diverso. Significa restare vivi in un mondo che spesso ci vuole anestetizzati.
Sotto l’albero di fico – spazio immaginario e reale della domanda filosofica – ci chiediamo ogni giorno: chi sei, quando non possiedi? E cosa resta del tuo desiderio, quando l’altro non ti serve più?



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